04/10 Colodri
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04/10/2011
Ferrata dei Colodri (Arco)
Arrivati ad Arco (TN) e attraversato il ponte sul Sarca, seguendo sull’altra riva le indicazioni per “località Prabi” e raggiunto il parcheggio delle vicine
piscine comunali, parcheggiata l’auto diamo inizio alla nostra escursione (90 m).
Attraversato l’oliveto che troviamo sul lato opposto della strada e transitando nel frattempo davanti a un caratteristico
capitello, ecco che ben presto l’indicazione del sentiero 431b ci porta all’attacco della
via ferrata (15min.). Al contrario delle vie attrezzate affrontate fin oggi, che normalmente già all’attacco ti mettevano a dura prova, qui non abbiamo trovato alcuna difficoltà per raggiungere il cavo di sicura, e anche in seguito, seguendo il serpeggiante tracciato e aiutati da appigli naturali, risaliamo di quota senza eccesiva difficoltà. Intercalando poi tranquilli traversi a qualche tratto verticale un po’ esposto ma sempre ben attrezzato, terminiamo l’ascesa sull’ampia e fessurata terrazza sommitale, proprio accanto ad un enorme
masso pericolante opportunamente imbrigliato da grossi cavi d’acciaio (ore1), dove in breve raggiungiamo la vicina
croce del M.Colodri (400m, 10min.), una modesta elevazione dove la vista spazia su tutta la
piana del basso Sarca, accompagnando il fiume fin alla sua trionfale entrata nel nostro grande lago, ai piedi del Brione. Proseguendo poi sul segnavia 431 in direzione nord, ignorando la discesa nella valletta occidentale di Làghel seguiamo costantemente il
sentiero di cresta, fino a raggiungere l’estrema propaggine nord della dorsale, che termina alla
Croce del M.Colt (390m, ore1.).
A questo punto non rimane che digradare giù dal serpeggiante tracciato che ad ovest cala nel fondo valle (15min), dove proseguendo lì sul sentiero che corre a margine di un vigneto, infine ci ritroviamo davanti all’antico ponte Romano di Ceniga (20min). Senza attraversare qui il Sarca e mantenendoci invece sulla pianeggiante pista ciclabile che prosegue lungo la sua sponda destra, passando strada facendo dinnanzi a delle ingegnose opere idrauliche e ad un curioso allevamento di struzzi, alla fine chiudiamo il nostro periplo in località Prabi di Arco, nostro punto di partenza (40 min.).
Dislivello assoluto 300 m.
Tempo totale di percorrenza ore 3:40.
Curiosità:
«Acqua passata non macina più» almeno recita così un antico proverbio. Sarà pur vero, ma non per il Sarca, le cui acque prima di sfociare “esauste” nel Lago di Garda, nel loro lungo viaggio fanno girare le turbine delle centrali di Nambrone, Santa Massenza e Torbole.
canali di irrigazione:
I canali che portano, seguendo varie direzioni, l’acqua nelle campagne si chiamano localmente ”fitte”. Già negli antichi statuti (sec. XIII) si ordina di non inquinare l’acqua di questi canali. L’acqua era derivata dalle “fitte” attraverso canali secondari e poi liberando o chiudendo delle saracinesche, veniva fatta defluire nei campi. Questa operazione veniva eseguita seguendo il “rodolo”, cioè il turno, ecco perché il preposto a questa operazione si chiama ancora oggi “rodoler”. Per la regolazione e lo sfruttamento delle acque irrigue sono sorti nell’Ottocento dei Consorzi irrigui che sono tuttora in attività.